IL LIBRO SU E. THOVEZ - Beato Franco

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IL LIBRO SU E. THOVEZ

 


ENRICO THOVEZ

IL CRITICO DI RIFERIMENTO TRA I DUE SECOLI


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        Enrico Thovez, piemontese, è vissuto a cavallo dei due secoli, tra Ottocento e Novecento, delineandosi come una figura di sicuro riferimento nella valutazione critica non solo letteraria, ma anche delle arti figurative.
        Poeta, ma soprattutto prosatore eccellente, nonché uomo tutto d’un pezzo per fondamenti morali, culturali e di giudizio, senza uguali nel suo tempo, si erge a giudice della nostra Letteratura e dei nostri poeti, con straordinaria autorevolezza.
        Essendo egli stesso un poeta, conosce assai bene quali vincoli imponevano le nostre tradizioni formali classiche, basate su rime e ritmi stabiliti non dal fantasma poetico che sgorga dalla pura anima e dalla commozione più vera, ma da tutta una sequela di vincoli inutili, che di fatto vanificano la viva ispirazione poetica.
       Egli constata che, al di fuori di Dante e di Leopardi, non ci sono più stati poeti di tal levatura in Italia, mentre nel resto d’Europa si incontravano opere da cui emanavano vive suggestioni di sentimenti moderni, ancorati alla natura, comuni alla condizione comune di tutti gli uomini e quindi universali. Egli trovò che grande intralcio all’espressione dei moti poetici nel nostro Paese, era costituito proprio dalla gabbia espressiva nostrana, ancora legata alla rima e ai metri classici romani, cinquecenteschi e neoclassici.
       Era necessario quindi spogliarsi di questi inutili orpelli, e dar corso ad una moralizzazione e immediatezza espressiva della nostra poesia. E quando parliamo di poesia, ci riferiamo alla “grande” poesia che nel suo tempo era clamorosamente assente.
       Già nel 1895 osò tuonare contro i vati nazionali del momento, ovvero Carducci e D’Annunzio, rivelando i loro plagi dalle letterature francese, tedesca, inglese, mettendo a nudo la debolezza dei loro contenuti e condannando la mancanza di dirittura morale nel poeta della Laus Vitae.
       Fu osteggiato, come si può bene immaginare, dal gregge dei loro seguaci e il suo insegnamento rimase nell’ombra, almeno fino a quando nel 1909 non uscì “Il Pastore, il Gregge e la Zampogna”, capolavoro di critica letteraria e non solo: fu esso stesso un’opera d’arte!
       Parliamo dunque di pietre miliari poste a cavallo dei due secoli, destinate anche negli anni a venire ad illuminare la strada della critica morale e poetica italiana.
Non da meno sono le splendide altre sue opere, come “L’arco di Ulisse”, la “Ruota di Issïone”, “Il Viandante e la sua Orma”, i “Mimi dei Moderni” ed il resto della sua inesauribile produzione di genio, dal grande equilibrio morale, dalla vastissima erudizione.
       Come poeta ci lasciò “Il poema dell’adolescenza”, con cui dava l’esempio di come liberarsi dalle pastoie della rima e i “Poemi d’Amore e di Morte”, più maturi e ricchi di descrizioni tratte direttamente dalle angustie dell’animo, costretto a combattere tra gli slanci purissimi della sua anima e le difficoltà concrete del vivere quotidiano. Vi si trovano brani di vivissima e pura poesia, che non si dimenticano facilmente.

 
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